Antìpode (o antìpodo) aggettivo singolare maschile dal latino antipŏdes plurale, greco ἀντίποδες, complemento di ἀντί «contro» e πούς ποδός «piede». – 1. Come s. m. pl., antipodi: a. Secondo gli antichi Greci, abitanti di un’ipotetica terra giacente nell’emisfero australe e diametralmente opposta alla Terra conosciuta. b. In genere coloro che abitano in punti della Terra diametralmente opposti: gli a. nostri per sostenersi e caminare non hanno difficoltà veruna, perché fanno giusto come noi (Galilei). c. Per estens., e più comunem., paesi o punti che nella sfera terrestre sono diametralmente opposti fra loro: stare, abitare agli antipodi. Legge degli a. (o legge delle opposizioni diametrali), espressione con cui si indica la constatazione geografica per cui, a posizioni diametralmente opposte sul globo terrestre, corrispondono in molti casi condizioni di natura opposta (per es., se a un estremo vi è una terra all’altro vi è un mare, e viceversa). In usi fig.: abitare agli a., in luoghi molto distanti (anche di uno stesso paese, o di una stessa città); fam., essere agli a., seguire idee, concezioni opposte: in questo io e lui siamo agli antipodi. 2. Come agg., non com., che si trova in un punto della terra diametralmente opposto: Dante immagina la montagna del Purgatorio antipode a Gerusalemme. 3. In botanica, cellule a., gruppo di tre cellule che si formano nel sacco embrionale delle angiosperme, dalla parte opposta all’oosfera, al polo calazale: avendo perduto la capacità riproduttiva, non hanno funzione determinata e scompaiono dopo la fecondazione (anche come s. f. pl., le antipodi). 4. s. m. In chimica fisica, a. ottici, stereoisomeri che, differendo tra loro per una diversa distribuzione spaziale degli atomi componenti, così che l’uno appaia l’immagine speculare dell’altro, presentano le stesse proprietà fisiche e chimiche ma fanno ruotare di una stessa quantità il piano della luce polarizzata, l’uno verso destra (forma destrogira) e l’altro verso sinistra (forma levogira); uniti in eguali quantità, in miscela meccanica o in composti molecolari, formano sistemi otticamente inattivi che si possono però scindere nelle forme attive. Sono detti anche antimeri, forme antipodi o forme enantiomorfe.

Dopo la laurea in letteratura avevo mantenuto l’abitudine di consultare il dizionario quando qualche parola si evidenziava alla mia attenzione. La parola svettava a caratteri cubitabili nello slogan affisso alla parete di ingresso degli studi televisivi di un piccolo canale satellitare, ed era stato difficile non notarla.

Dovevo incontrare la Dottoressa Valentina Preschi, project manager di un nuovo progetto televisivo in via di sviluppo. Mi aveva trovato googolando in rete imbattendosi nel mio blog semiserio di personali pareri sulle opere libresche in cui incappavo nei mercatini dell’usato. Luoghi ormai in via di estinzione, ma che per quel che mi riguardava erano la fonte delle mie più grandi scoperte.

Con l’editoria usa e getta degli ultimi anni i libri passavano nelle librerie come meteoree, per poi finire nel dimenticatoio infilati uno dietro l’altro su lunghe pareti asettiche.

Invece quei piccoli piccoli ambienti del riciclo custodivano sempre delle chicche. Autori sconosciuti, voci singole, e tempi diversi. Inoltre per una come me, socialmente selettica fermarsi in quei templi era meno ansiotico che entrare in una grande libreria.

La porta si aprì e rapida infilai il cellulare in borsa.

“Buongiorno Chiara! Piacere di conoscerti”, disse Valentina Preschi.

Mi alzai in piedi per le presentazioni.

“Buongiorno il piacere è mio”.

“Prego accomodati”, disse accompagnandomi alla sedia davanti alla sua scrivania.

Valentina Preschi aveva una stretta di mano forte, era ben vestita, aveva un taglio di capelli perfetto, fede al dito e anello con diamante a proteggerlo. Bijou cascante e via dicendo. Una bella donna, che nell’insieme mi dava l’idea di intraprendenza e autorevolezza.

“Allora Chiara, innanzitutto complimenti per il blog che curi. Ho letto le tue recensioni e le ho trovate molto argute”.

Aveva appena pronunciato la parola che non avrei voluto ascoltare.

Recensione: Esame critico, in forma di articolo più o meno esteso, di un’opera di recente pubblicazione. Il termine è usato anche a proposito di spettacoli teatrali, cinematografici, mostre d’arte e simili.

Non scrivevo recensioni o critiche che già il termine presuppone giudizio negativo. Non dovevo dire se mi piaceva o meno un libro. Non era quello il fulcro di una recensione. Doveva essere semplicemente l’opinione, la riflessione in merito al messaggio implicito dell’autore. Cogliere la sua voce e capire il suo ardire dietro le parole e con pura obiettività ampliare il concetto. Proprio per non incappare in pregiudizi acquistavo i libri nei chioschi dell’usato. Mi facevo catturare come un tempo dal titolo, dalla copertina o dalle poch righe di incipit. Acquistavo a scatola chiusa. Senza denigrare alcun genere.

Nella zucca dei libri, questa era il nome del mio blog. Un modo per dire, metti la zucca nella lettura. Cerca di andare oltre la corteccia del cranio. Attiva i neuroni, collegali al cervello e manda impulsi anche al resto del corpo.

Non sapevo bene cosa volesse propormi, o meglio, nella telefonata di una settimana prima mi aveva accennato ad un programma televisivo dedicato ai libri, ma non che io sarei stata la protagonista, conduttrice, la velina insomma. Non ne avevo la minima idea quando mi ero seduta davanti alla sua scrivania che di lì ad un minuto avrei dovuto sostenere un provino con videocamera sparata in faccia…

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